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INTRODUZIONE ALLA FARINA
La farina, pur essendo uno degli ingredienti più usati in cucina, è sicuramente uno dei più bistrattati. Basti pensare a come viene indicato nella quasi totalità delle ricette: il termine generico "farina" – se usato da solo – non vuol dire assolutamente NULLA. Sarebbe come dire che per preparare del buon brodo occorre usare della carne: sì, ma quale? Provateci voi a fare un brodo decente con del filetto! Ottima carne, per carità, ma del tutto inadatta a qualunque lunga cottura. Lo stesso dicasi delle farine: quella piu adatta per una ricetta a lunga lievitazione – una brioche, per esempio – non è assolutamente adatta alla preparazione della pasta frolla. Molto meglio sarebbe – quindi – da parte di chi le ricette le scrive, distinguere il tipo di farina più adatto alla preparazione. Una prima distinzione tra i vari tipi di farina dipende dal tipo di grano dalla cui macinazione vengono estratte: grano tenero e grano duro. Le farine di grano duro sono di colore leggermente giallognolo, più granulose al tatto e sono utilizzate soprattutto per preparare paste alimentari e – limitatamente al meridione – alcuni tipi di pane (famoso, per esempio, quello di Altamura). Si trovano spesso in vendita con la definizione di "semolato di grano duro" oppure "sfarinato di grano duro". Quelle di grano tenero, invece, sono di colore bianco, hanno una consistenza quasi "polverosa" e sono sicuramente quelle più usate in pasticceria e nella panificazione. Anche loro differiscono a secondo del grano da cui vengono estratte: Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, sono i paesi con i migliori grani teneri, quali "Manitoba", "Plata" , ed altri. La legge italiana prevede che le farine di grano tenero siano classificate in base alle ceneri in esse contenute, secondo questo schema: • tipo "00" con ceneri fino al 0,50% • tipo "0" con ceneri fino al 0,80% • Integrale con ceneri fino al 1,40%/1,60% Le sostanze più importanti che compongono la farina – limitando il discorso all'uso che se ne fa in cucina – sono: enzimi, zuccheri, proteine,sali minerali. Nella panificazione, le sostanze che svolgono il ruolo fondamentale sono sicuramente gli enzimi. Questi si dividono in amilasi e proteasi. Le prime attaccano l’amido della farina e producono l’alimento fondamentale per i lieviti. Le seconde, invece, attaccano il glutine rendendolo più elastico. Gli zuccheri servono ad alimentare il lievito,facendolo crescere e maturare. Le proteine più importanti sono di due tipi: solubili e insolubili. Le più importanti, sempre nell'ambito di un discorso culinario, sono la gli andina e la gluteina. Queste proteine, durante l'impasto, si legano assieme formando il GLUTINE. A questo proposito, vale poi la pena di sottolineare che esiste un altro indicatore: il valore W, che serve ad indicare la "forza" della farina. Farine deboli e farine "di forza" Con riferimento a questi dati,la farina viene classificata in queste categorie: • Deboli –fino a 170 W. Farine per biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria. Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
• Medie-dai180 ai 260 W. Farine per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all’olio o alcuni tipi di pizza. Assorbono dal 55%-65% del loro peso in acqua e sono quelle più usate comunemente in pizzeria.
• Forti-dai 280 ai350 W. Farine per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioches, pasticceria lievitata naturalmente e pizza. Assorbono circa il 65% 75% del loro peso in acqua.
• Speciali-oltre i 350 W. Farine prodotte con grani speciali, soprattutto Americani, Canadesi (una delle più note tra queste è la Manitoba) usate soprattutto "tagliate" e per pani di difficoltoso ottenimento, oppure come rinforzanti delle farine più deboli. Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua. Il valore W, purtroppo, non è riportato sulle confezioni di uso casalingo (i pacchetti da un chilo comunemente venduti nei supermercati) il che rende spesso difficile l'acquisto della farina GIUSTA. Al massimo sono riportate tabelle nutrizionali contenenti la percentuale proteica della farina: vale la pena, allora di ricordare, al momento della scelta che – in linea di massima – maggiore è la quantità di proteine, maggiore è la forza della farina. Il modo migliore per evitare errori sarebbe però quello di rivolgersi a specialisti. I negozi di granaglie, per esempio, vendono spesso anche farina sfusa prelevata da sacchi di 30-50 chili (quelli cioè prodotti per uso professionale) nella cui etichetta è riportato anche l'indicatore W. Nel caso poi non si abbia a disposizione un simile tipo di negozio, ci si può rivolgere al proprio fornaio o pasticcere. Tratto da: www.gennarino.org
TIPI DI FARINA
La farina di grano tenero: quella ottenuta dalla macinazione del grano tenero, con granuli piccoli e tondeggianti, è quella maggiormente usata nella panificazione ed è l’unica che a norma di legge può essere posta in commercio con la denominazione di “farina”, seguita dal tipo che, a seconda del contenuto in fibre e proteine, è rappresentato da un numero: 00 (doppio zero), 0,1,2 e integrale. Lo 00 distingue la farina più bianca, ma anche la più povera di fibre e proteine che, insieme con la 0, è più comunemente usata nella preparazione, non solo domestica ma anche artigianale e industriale, dei prodotti da forno. La farina Manitoba: negli ultimi anni, si è diffusa con un certo successo, questo tipo di farina, caratterizzata da un elevato contenuto di gliadine e glutenine, proteine, come già si è illustrato, responsabili della formazione del glutine. La farina Manitoba, viene ottenuta dalla molitura di un particolare tipo di seme di grano tenero coltivato principalmente in una regione del Canada (Manitoba) originariamente abitato dalle popolazioni indigene. Il vantaggio della farina di Manitoba consiste nell’ottenere senza eccessivi sforzi nell’impastatura una lievitazione molto esuberante trattenuta da una maglia glutinica particolarmente resistente e compatta. A cottura ultimata, il prodotto ottenuto sarà un pane particolarmente leggero e fragrante; tuttavia dopo qualche ora il pane diverrà alquanto gommoso e poco conservabile. La Manitoba è indicata per impasti particolarmente ricchi di grassi e zuccheri e che richiedono, di conseguenza, una lievitazione particolarmente lunga (panettoni, babà ecc). Le farine di tipo 1 e 2 sono meno pregiate e diffuse; tuttavia si tratta di farine di frumento ottenute con un grado di macinazione meno raffinato. Generalmente, sono abbastanza diffuse nei paesi dell’Europa del Nord e, pur essendo ottenute dalla molitura del frumento, dato il maggior indice di grossezza servono ad inibire la lievitazione eccessiva di alcuni tipi di pane. La farina integrale possiede il più elevato contenuto di fibre ed un ottimo valore nutritivo sebbene il suo aspetto sia il meno invitante soprattutto per noi mediterranei. La farina di grano duro: le semole ed i semolati, composti da granuli grossolani di aspetto vitreo, utilizzati principalmente per la produzione di pasta, vengono impiegati per la realizzazione di alcuni pani tipici, soprattutto nell’Italia meridionale. La farina di farro: impiegata diffusamente all’epoca degli antichi Romani, è caratterizzata da una apprezzabile quantità di sali minerali ed è per questo motivo che, ultimamente, se ne sono riscoperte le proprietà nutritive. Attualmente, la coltivazione del farro è realizzata in buona parte con metodi biologici. Con questo tipo di farina è possibile panificare utilizzando il cereale al 100% senza alcuna necessità di integrarlo con la farina di frumento. La farina di segale, seconda in importanza solo al frumento, trova largo impiego nella panificazione soprattutto nei paesi Europei di lingua tedesca, ma anche nell’Italia settentrionale e nel Sud Tirolo. Le varietà sono due: una estiva ed una invernale che sembra possedere caratteristiche di panificabilità migliori. La farina di segale, più scura di quella di frumento con cui di solito viene miscelata, conferisce ai prodotti da forno una colorazione ed un profumo molto caratteristici. Il suo contenuto di glutine è molto simile a quello del frumento e consente di ottenere un pane abbastanza soffice e particolarmente gustoso. La farina di mais è utilizzata per preparare la polenta. In alcuni paesi come il Messico consente la preparazione delle tradizionali tortillas, considerate alla stessa stregua del pane, sebbene esso sia del tutto carente di importanti sostanze quali il calcio e di alcune vitamine. Se mai volessimo utilizzare la farina di mais per la panificazione di alcuni prodotti, dovremo scegliere una farina con grana molto fine data la modesta quantità di glutine contenuta e miscelarla con almeno un 45/50% di farina di frumento. La farina di avena è ricca di proteine e di sostanze nutritive; tuttavia non possedendo le proteine atte alla formazione del glutine deve essere miscelata alla farina di frumento nella seguente misura: 25% di farina di avena e 75% di farina di frumento o segale. Per la panificazione. È inoltre possibile utilizzare i fiocchi di avena al fine di ottenere un pane più leggero, mantenendo, tuttavia inalterate le proporzioni illustrate precedentemente. La farina di miglio è particolarmente diffusa in Asia ed in Africa. La farina pur arricchendo il gusto del pane non può essere utilizzata da sola per la panificazione, ma deve anch’essa essere miscelata a farine di frumento di ottima qualità nella seguente proporzione: 20% di farina di miglio e 80% di frumento. La farina di patata per contenuto nutrizionale è molto simile a quella di frumento, aggiungendone un po’ (20%) alle farine di frumento conferisce sapore, morbidezza e ne accresce la lievitazione. La farina di riso è il cereale più ricco di amido in assoluto, può essere utilizzata in panificazione, ma per la sua assoluta mancanza di proteine che consentono la formazione del glutine va miscelata con farine di frumento particolarmente forti (nella misura del 10% e 90% di farine di frumento). La farina di grano saraceno viene impiegata principalmente per la preparazione di piatti tipici quali i pizzoccheri, può essere anche utilizzata per la panificazione nella misura del 10/15% miscelata a farina di frumento. Essa conferisce al pane una colorazione particolarmente scura ed un sapore leggermente amarognolo. La farina di ceci non contiene glutine ed è utilizzata in alcune preparazioni regionali italiane (farinata ligure, panelle siciliane).Può essere impiegata per la panificazione se miscelata con la farina di frumento nella seguente proporzione: frumento 80-85% farina di ceci al 15%-20%.
Preso da: www.imm2000.it/personale.html
UN TEST PER VERIFICARE LA FORZA DI UNA FARINA.
Per verificare concretamente la forza di una farina di cui non si conosce né il contenuto in proteine né, tantomeno, l’indicatore W, è possibile effettuare un semplice test. Si parte da un impasto veloce di 100 gr di farina e 60 gr di acqua. La reazione dell’impasto in questa fase è già – di per sé – un ottimo indicatore: se la farina è di tipo debole, l’impasto sarà decisamente attaccaticcio (in virtù della minore capacità di assorbimento di liquidi da parte delle farine di questo tipo. Una volta pronto l’impasto, lo si mette a bagno per trenta minuti in una ciotola di acqua fresca. Passato questo tempo, si lava l’impasto sotto l’acqua fredda (lavorandolo nel contempo con le mani) fino a quando l’acqua che ne fuoriesce non sia quasi perfettamente chiara. Lo si rimette, quindi, a mollo per altri trenta minuti. A questo punto, dopo averlo rilavorato velocemente, si prende l’impasto e lo si tira in modo da provarne l’elasticità. Se la farina è di tipo debole, si spezzerà piuttosto facilmente. Se, invece, l’impasto oppone – prima di spezzarsi – una notevole resistenza la farina utilizzata è sicuramente di tipo forte.STORIA DEL KAMUT
Si narra che dopo la Seconda Guerra mondiale, un pilota americano affermò di aver raccolto una manciata di semi di questo cereale in un sarcofago rinvenuto in una tomba in prossimità di Dashare in Egitto. Affidò trentasei semi ad un amico che li inviò a suo padre, agricoltore del Montana, negli Stati Uniti. Questo lì seminò, ottenne un piccolo raccolto che distribuì poi come curiosità alla fiera agricola locale. Sulla scorta della leggenda, secondo cui i semi provenivano da una tomba egiziana, il cereale fu battezzato “grano del re Touth”.La novità tuttavia, perse abbastanza rapidamente la sua attrattiva e l’ex cereale cadde di nuovo nell’oblio. Nel 1977, uno degli ultimi recipienti del “grano del re Touth” fu ritrovato nella casa di Mack e Bob Quinn, agricoltori del Montana. Bob,figlio di Mack, era ingegnere agronomo e biochimico e comprese il valore di questo cereale speciale. I Quinn selezionarono una serie di semi dal recipiente e cercarono di moltiplicarli nel corso dei dieci anni successivi. Le loro ricerche rilevarono che questo tipo di cereali provenivano dalla regione fertile che si estende dall’Egitto alla Mesopotamia. I Quinn lo ribattezzarono “Kamut”, un antica parola egizia per indicare il grano. Gli egittologi sostengono che originariamente Kamut significava “anima della terra”.Nel 1990, il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) dichiarò il cereale varietà protetta, con l’appellativo ufficiale di Qk-77. Inoltre i Quinn depositarono il nome Kamut come marchio commerciale. Descrizione: è spesso indicato come cereale adatto agli intolleranti al glutine. Ma non è vero, l’unica categoria di persone che lo consuma in alternativa, sono gli intolleranti al grano (sotto stretto consiglio medico), che vengono spesso diagnosticati da medicine alternative o comparative come ad esempio l’ Ecologia Clinica. Il kamut non essendo stato coltivato per migliaia di anni, non avendo subito mutamenti, adulterazioni, sofisticazioni, conserva una struttura biologica più semplice tale da non dar luogo alle spiacevoli manifestazioni allergiche nei soggetti predisposti
Preso da: www.molinobongiovanni.com/kamut.htm
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